Saint Patrick’s day- Dublin


Quando si parla della Repubblica d’Irlanda, sono subito due le cose che ci vengono in mente: a) San Patrizio (Saint Patrick) e la Guinness. I più romantici a questo punto mi punteranno il dito contro causa l’esclusione di importanti autori come Oscar Wilde o James Joyce. Non me ne vogliano, ma non sprecherei mai tempo e soldi per andare a vedere qualcosa che riguardi uno dei due, tuttavia mi piace dare spazio non solo a ciò che trovo attraente e quindi le ultime righe di questo post oltre che un paio di foto saranno dedicate a Wilde.

Partiamo subito con una cosa che ho trovato particolarmente interessante, la storia della Guinness, una storia che affonda le sue radici nel lontano 1759, anno in cui un giovanotto di belle speranze Arthur Guinness, disponendo di un piccolo capitale e di una certa esperienza in fatto di birra prese in affitto il vecchio casello daziario di St.James’s Gate, una delle antiche porte della città poco lontano dal fiume Liffey. Il contratto prevedeva un fitto di 45 sterline l’anno e una clausola che garantiva al giovane Arthur ed ai suoi eredi di poter beneficiare dei locali per ben 8975 anni. (bhè si… avete capito bene.. si parla di quasi 9 mila anni!!!) Con alcuni accorgimenti quali l’accentuare l’amaro del luppolo, ridosare il lievito e tostare il malto d’orzo riuscì a creare una birra scura con una schiuma spessa e compatta, la stout. Nacque così la Guinness, un mito, con un’arpa celtica come simbolo riprodotta su bottiglie e bicchieri. Oggi la Birreria Guinness da lavoro ad oltre 3000 persone e produce più di 3 milioni e mezzo di boccali di birra al giorno, tenuto conto che nel mondo se ne bevono di boccali al giorno qualcosa come 8 milioni.

Puntiamo adesso l’attenzione su San Patrizio, il patrono dell’Isola. Non si hanno notizie dettagliate e precise su di esso, si sa che nacque in Scozia (a Kilpatrick) nel 387; figlio di una nobile famiglia (il padre era originario di una importante famiglia romana) fu rapito e venduto come schiavo ad un pastore irlandese. Dopo anni di faticoso lavoro, imparò il Gaelico e riuscì a recarsi dapprima in Gran Bretagna, poi in Francia dove iniziò a studiare ed anche in Italia. Al suo ritorno in Irlanda nel 432, divenuto vescovo, iniziò a convertire la popolazione dal paganesimo al cristianesimo, così come volle Papa Celestino; sembra che presso la rocca di Cashel anche Re Angus si convertì al cristianesimo. La sua opera fu così grandiosa che molte chiese furono innalzate e divenne ben presto un eroe nazionale, oltre che patrono.
Attorno alla sua figura sono sorte famose leggende, per esempio sull’isola d’Irlanda non ci sarebberono serpenti perchè fu lui a cacciarli in mare oppure il celeberrimo pozzo di San Patrizio, così chiamato perchè si dice custodisse un pozzo senza fondo, da cui si aprivano le porte del Purgatorio. Il trifoglio, poi, divenne simbolo nazionale dopo una sua predica alla popolazione.

Per ricordare il suo santo, Dublino si prepara alla festa in maniera grandiosa organizzando una settimana di celebrazioni. I festeggiamenti non sono concentrati in un singolo giorno ma bensì durano sei giorni e sei notti offrendo un calendario articolato di spettacoli gratuiti, mostre e concerti, parate, esibizioni di artisti di strada e cortei in maschera adatti a tutte le età, ovviamente il tutto innaffiato da fiumi di birra. Non poteva mancare ovviamente la “visita” a temple bar, noto quartiere sulle sponde del fiume Liffey. Tutto inizia da quello che adesso è un semplice pub, appunto Temple Bar, che in passato era la residenza del rettore del Trinity College: William Temple. La zona si iniziò ad animare quando fu stabilito un piano di restaurazione di vecchi edifici e le stradine intorno furono ricoperte di pavè e rese pedonali. Molti importanti nomi dello spettacolo contribuirono alla rinnovazione aprendo locali e partecipando alle attività della zona.
Così Temple Bar divenne subito sinonimo di moda, meta di passaggio di ogni “Dubliner” dall’animo giovane. Centro nevralgico non solo dei pub più famosi, ma del divertimento nel senso più ampiamente irlandese. Le stradine che si sparpagliano fra un pub e l’altro sono affollate da artisti di strada, musicisti e tantissimi pedoni, sono costeggiate da ristoranti di tendenza, gallerie alla moda, da centri di esposizioni e centri culturali (come The Ark un centro culturale interamente dedicato ai bambini), fino a sfociare nelle Meeting House Square, una piazza dove si svolgono per tutta l’estate moltissimi concerti gratuiti e dove vengono proiettati diversi film.

In questi sei giorni, praticamente tutti i pub erano stracolmi di gente dalle 10 del mattino fino a notte inoltrata, balli, canti popolari, birra, birra, birra, …. e birra… davvero bevono tanto. Bhè ci sarebbe davvero tanto da dire ancora… ma ho colto l’essenziale delle cose più importanti.

Dedico le ultime righe ad Oscar Wilde… egli infatti concepiva l’arte come la cosa più importante della vita “Arte per il gusto dell’arte”… noi oggi gli rispondiamo cosi.. “Ultras for Ultras’s Sake”… il resto è noia!

Ovviamente CHEROKEE sempre primo pensiero…. ho comprato una sciarpa, un cappello ed una bandiera per “il buco”.

La calata degli Unni – cronaca di Livorno-Verona, partita mai vista


 
 
10 febbraio 2003
“Eravamo come gli Unni nelle campagne (paludi sarebbe ben più appropriato) intorno a Livorno”. Così diceva un
amico sulla strada del ritorno, in una sorta di strano stato d’animo misto rabbia-impotenza-tristezza-incredulità.
Erano le nove di sera, all’autogrill Cantagallo, ed eravamo in viaggio dalle 9 di mattina: più di 12 ore perse, oltre ai
soldi sborsati, per non arrivarci mai allo stadio livornese, per rimanere nel fortunatamente assolato nulla di un
Interporto di periferia. Ma gli Unni questa volta di barbaro non avevano fatto granché, e l’orda si era comportata
fin troppo bene vista la situazione creatasi…
Partiti alle 9.30, dopo aver dovuto esibire davanti alla telecamera di un solerte addetto della scientifica un
documento d’identità per poter partire, procedura di per sé legalmente discutibile, i pullman sono otto, il nostro in
testa e il Califfo alla guida, folle e “bacucco” come sempre. Dopo un’ora ci fermiamo lungo la strada per un po’
d’aria, mentre alle pendici dell’Appennino sorprendentemente possiamo mangiare qualcosa e sgranchirci le gambe
in un autogrill peraltro blindato. Al casello di Firenze, poi, prima di imboccare la Firenze-Mare, salgono con noi
alcuni gemellati viola, giusto per riempire ancor più un pullman già stracolmo e fitto di gente in piedi. L’atmosfera è
bella calda, sappiamo che all’arrivo ci sarà da stare svegli ma tutto è tranquillo, finché a pochi Km da Livorno non
ci fermiamo tutti ad un distributore dove finalmente prendiamo conoscenza delle Forze di Polizia che ci scorteranno
fino allo stadio. Da un momento all’altro l’aria cambia, è come se avessimo tutti attaccato la spina: la vista di
manganelli pronti per l’uso e cellulari ovunque ci ricorda che non siamo in visita di cortesia. Ripartiamo in pochi
minuti, fortunatamente visto che tra una cosa e l’altra si sono già fatte le due, ma dopo pochi Km ecco la sorpresa,
giacché le volanti ci guidano in un’uscita d’aperta campagna, in una zona industriale che più brutta di così ne ho
viste poche, e poi ci fanno fermare tutti incolonnati in un rettilineo nel bel mezzo del nulla. Campagna incolta da un
lato, con la superstrada in vista, un deposito di auto da immatricolare dall’altro: in mezzo noi e i celerini.
Scendiamo tutti dai mezzi, senza problemi e incidenti di sorta, per una perquisizione personale e dei pullman.
Quintali di bottiglie scolate vengono raccolte dal pavimento, e gettate nei campi, mentre è strano notare come
nessuno controlli zaini ed effetti personali lasciati sui sedili. Mah. A parte le bottiglie, comunque, le forze dell’ordine
non trovano nulla. Un poliziotto mi chiede se abbiamo tutti il biglietto, e la risposta unanime è naturalmente sì,
anche perché è effettivamente così, la maggior parte di noi ha deciso di evitare qualsiasi problema ed ha seguito le
direttive della vigilia, acquistando quel dannato tagliando da 14€. A dimostrare la veridicità del fatto venerdì in
prevendita ne erano stati venduti più di 400…
Sembra tutto a posto ma non è così. Passa il tempo e non ripartiamo, sono le tre, la partita comincia ma noi siamo
ancora a più di 10 km dalla città, e si capisce che non sarà uno dei soliti ritardi preventivi di 15 minuti per noi così
consueti. No, stavolta ce lo dice chiaro e tondo qualche funzionario di Polizia, alcuni non hanno il biglietto ed allora
non ci lasciano raggiungere lo stadio. Chi ce l’ha può andare, gli altri no, ma nessuno ci spiega come dovremmo
fare a raggiungere la città, se a piedi o in pullman, e comunque si è deciso di non acconsentire a questo diktat del
Questore. Quello che è incredibile è che nessuno ha mai effettivamente controllato i biglietti, ne alla partenza,
come avrebbero dovuto eventualmente fare, ne a quel punto. Si capisce subito che si tratta di una scusa, gli stessi
funzionari faticano a guardarci in faccia mentre ci comunicano la poche decisioni di cui sono a conoscenza. Mi
metto in moto per parlare con il Responsabile di Servizio, e dopo almeno una decina di richieste riesco a parlare
con lo stesso uomo corpulento con giacca militare che prima alla mia domanda aveva negato di essere il
Responsabile! Questi non vuole sentire ragioni, gli ordini vengono dal Questore, mi dice, e non può far nulla.
Atteggiamento più che comprensibile, vista la situazione, ma lo stesso funzionario poco dopo si rifiuta
ripetutamente di comunicarmi le sue generalità e si rifiuta di parlare al telefono con un Avvocato da me contattato,
mandandomi in pratica a quel paese. Mantengo la calma e mi sento quasi chiedere scusa da altri funzionari, allibiti
come me, ma ormai c’è poco da fare per uscire da questo caos.
Un folto gruppo di ragazzi, intanto, si è incamminato verso quella che sembra essere la città e siamo tutti separati
ormai, il Responsabile parte con un gruppo di poliziotti per fermare i “fuggitivi” e lascia altri uomini a controllare i
pullmans. L’incredibile è che nessuno si lascia andare a incidenti e scaramucce, vengono sparati un paio di
lacrimogeni all’inizio ma poi niente, sembra quasi che siano gli stessi poliziotti a non sentirsela dopo averci
inchiodati lì! Mi dirigo anch’io verso l’ipotetica città, ma siamo talmente lontani che in vista non c’è nulla se non
campi e capannoni; qualche automobilista, a cui consigliamo di cambiar strada, non si sa mai, ci dice che ci
saranno almeno 6/7 km, ed allora decido di tornare indietro. Da quel momento ai pullman non si hanno più notizie,
siamo inchiodati lì, ascoltiamo la partita, parliamo tra noi e con poliziotti che non hanno ordini da un po’ e si
scusano per l’accaduto (lo so che è inutile, ma è già qualcosa…), attendiamo che tornino indietro i fuggitivi. Verso
le cinque veniamo a sapere che in molti hanno raggiunto la superstrada e l’hanno bloccata per protesta, ottenendo
un po’ di attenzione dagli automobilisti di passaggio ma soprattutto da qualche rappresentante della stampa.
Anche qui, contrariamente a quanto riportato nei giornali, incidenti non ce n’è stati, anzi, uno dei ragazzi è stato
investito da una macchina ed è stato ricoverato al pronto soccorso per le ferite. Sembra che i poliziotti avessero già
ricevuto l’ordine di caricare per disperdere il gruppo, ma abbiano deciso di evitare una mossa di questo tipo, di
fronte alla tranquillità dimostrata.
Ormai la partita è finita, aspettiamo solo il momento della partenza, che arriverà solo alle sette, dopo aver
aspettato che arrivasse anche il ragazzo investito per farlo tornare con noi. Ripartiamo imbestialiti, depressi,
avviliti, stanchi ed affamati, ma soprattutto decisi a farci sentire nelle sedi legali al rientro.
Per fortuna, pensiamo, siamo infatti riusciti a non cadere nella trappola delle provocazioni ed a limitare gli
incidenti: è vero, una decina di macchine danneggiate nel deposito di fianco ai pullman, qualche piccolo incendio
tra i campi, ma nessun ferito a parte l’investito. Penso che nemmeno i poliziotti potessero sperare in un bilancio del
genere, essendo ben consci, come riferitomi più volte, che una situazione del genere poteva dar vita ad una
guerriglia allucinante in mezzo ai campi. Niente di tutto ciò.
E’ ancor più desolante scoprire invece che il lunedì gran parte della stampa ha deciso di ribaltare l’intera faccenda,
raccontando di scontri, cittadini ed automobilisti assaliti, macchine bruciate, battaglie nei campi, cariche della
polizia… Nonostante tutto sembra quindi che siano sempre gli Ultras ad essere dalla parte del torto. Tutto ciò mi
abbatte, anche perché temo che le denunce dei ragazzi ieri sera al rientro a Verona e le eventuali interrogazioni
parlamentari non porteranno a niente: ne ad un provvedimento nei confronti del Questore di Livorno Antonino
Puglisi, ne ad un minimo risarcimento morale come il rimborso del biglietto regolarmente acquistato. E così, per la
maggior parte dei cittadini italiani e per l’opinione pubblica in generale, anche questa volta sarà stata colpa nostra.
Colpa degli Unni, colpa di noi barbari calati su Livorno per metterne a ferro e fuoco le campagne fangose…